I FURTI
Aprile 2017
L’operazione Luce del Deserto, a Cremona, smantella una banda che rubava pannelli solari e inverter in Italia, allo scopo di inviarli a Ouarzazate, in Marocco. Perché proprio in questa cittadina? Presto detto: inaugurato il più grande parco eolico dell’Africa, è proprio lì che il Marocco ha avviato i lavori per il più grande impianto solare al mondo, allo scopo di incanalare la Nazione verso una sensibile riduzione dell’importazione di energia, da cui oggi dipende.
Settembre 2017
Dopo un’operazione durata quasi un anno, con un blitz dei Carabinieri è sgominata la banda del fotovoltaico, con malviventi di provenienza Est Europa e Marocco, che svuotavano depositi e parchi fotovoltaici del Centro Italia, oltre a rendersi responsabili della sparizione di ingenti quantità di rame.
I pannelli rubati venivano imballati, imbarcati a Genova per il Marocco, dove erano attesi per essere rivenduti a prezzi incredibilmente bassi (ad esempio, un pannello del valore di 300 euro era acquistabile ad appena 40 euro).
Ottobre 2017
Cominciano a conoscersi importanti furti nel Nord Italia dove si ripropone la combinazione tra furto di rame e di pannelli in parchi fotovoltaici. Le varie operazioni sono sfociate in mandati di estradizione estesi in tutta Europa, fino in Svezia.
Novembre 2017
A Livorno si conclude con successo l’operazione Raggio di Sole (forse la più importante finora), che ha visto i Carabinieri di Livorno coordinarsi con i comandi dell’Arma di ben 9 Regioni d’Italia. Il traffico generato dai reati ha proporzioni di 8 milioni di euro. I 51 imputati, tutti provenienti dal Marocco, sono stati accusati di associazione finalizzata al furto e alla commercializzazione di pannelli solari. In totale, sul territorio nazionale ed estero sono stati recuperati circa 6mila pannelli solari, per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro.
In questo caso, il malaffare si svolgeva su canali diversificati. I moduli rubati e imballati erano caricati su furgoni, sempre con destinazione Marocco. Ma, anziché imbarcare a Genova, passavano per Ventimiglia, per imbarcarsi nel porto di Séte – o in quello di Marsiglia, distante poco meno di 200 km. Successivamente, il traffico riprendeva a terra, separando i carichi in diversi porti spagnoli. Le destinazioni erano prevalentemente i porti marocchini di Tangeri e Nador.
Il metodo
Il procedimento non è dissimile da quello dei furti tradizionali, se non per la necessità di un tempo maggiore per sottrarre i moduli senza danneggiarli. Più colpite le aree isolate e prediletti gli impianti a terra, più facili da colpire rispetto a quelli installati sulle coperture.
È sufficiente una strumentazione semplice per rimuovere i pannelli dal suolo, spezzando le viti che li fissano alle zanche. I controlli e i sopralluoghi dei malviventi, risalenti anche a mesi prima del furto vero e proprio, consentono di portare a termine il lavoro anche con attrezzature rudimentali, se si ha la sicurezza di non essere disturbati anche per diverse ore.
Un reato con gravi conseguenze
Al netto della grande perdita economica di chi subisce un furto di pannelli solari, non bisogna dimenticare che dietro, specialmente nel caso delle aziende, ci sono stati precisi investimenti in energie rinnovabili. La sottrazione dell’oggetto dell’investimento è una difficoltà da cui potrebbe essere difficile rialzarsi.
Le zone in cui si è colpito maggiormente in passato, e che continuano ad essere vessate, si trovano al Sud e ciò è dovuto, oltre alla maggiore vicinanza con il Nord Africa, anche al fatto che i parchi fotovoltaici si trovano spesso in zone molto isolate, in cui è facile agire senza essere scoperti. Ma è proprio lì che il fotovoltaico è cruciale per coprire l’esigenza locale di energia. E se la sottrazione di pannelli e tecnologie negli impianti spesso pregiudica il funzionamento degli stessi, il disagio causato dai furti non può che essere grave.
Controlli più serrati e globali
Essendo ormai evidente che la destinazione principale è il Marocco, diventa necessario effettuare controlli metodici nei porti, ponendo attenzione ai pannelli trasportati. Quelli rubati sono facilmente distinguibili, perché di solito hanno i fili recisi. Ma i controlli devono avere un’estensione ben maggiore.
La collaborazione tra cittadini marocchini e est europei, infatti, ha messo in risalto un altro canale di smercio. I pannelli sottratti nel Nord Italia, e specialmente nel Nord Est, come è il caso del Friuli Venezia Giulia, trovano un passaggio relativamente facile dalla Slovenia, e fanno perdere le loro tracce nell’Europa dell’Est.
Questi luoghi hanno in comune una richiesta altissima e sempre crescenti di energia a basso costo.
Questa consapevolezza ha già portato, per fortuna e per merito degli agenti sul territorio, a una riduzione delle esportazioni illegali. Ma non basta.
L’importanza di proteggere i pannelli solari
La protezione deve per forza avvenire a monte, a cominciare da chi i pannelli li produce e da chi li possiede.
Fino a non molti anni fa, un modo per riconoscere il pannello era tramite il numero di matricola. Ma nel 2012, con l’abolizione del Conto energia, una delle conseguenze è stata l’eliminazione del numero, che fino ad allora doveva essere comunicato al Gse (Gestore servizi energetici), garantendo una certa ‘identità’ dei moduli.
Oggi, la soluzione più intuitiva è quella di sistemi antifurto. I sistemi antifurto dedicati più elementari prevedono un collegamento tra il pannello e la rete elettrica, tramite un codice univoco di riconoscimento, ma purtroppo è inutile se il pannello viene riallacciato fuori dall’Italia.
Certo, ci sono la videosorveglianza, i sistemi antifurto e anti-effrazione tradizionali, collegati con le Autorità. Ma essi hanno un margine di successo maggiore in luoghi in cui la risposta delle forze dell’ordine può essere tempestiva. Si pensi poi alla grande quantità di falsi allarmi generati, spesso da attribuire a interferenze elettromagnetiche causate dall’inverter degli impianti.
Antifurto in fibra ottica per pannelli fotovoltaici
Una soluzione moderna è quella che utilizza i cavi plastici in fibra ottica. Il cavo si collega a ciascun pannello, seguendo il perimetro. Se il pannello viene rimosso, viene emesso un segnale di allarme. Il vantaggio principale, rispetto ad antifurto più classici, è la sensibile riduzione dei falsi alarmi, poiché la fibra ottica plastica subisce meno le interferenze elettromagnetiche, oltre ad essere resistente ai fattori ambientali. L’installazione è semplice, il costo è inferiore alla fibra ottica tradizionale.
PV – Guardian, l’antifurto di ENEA
ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) ha brevettato un sistema antifurto sviluppato nel Centro Ricerche di Portici.
Il GPS è applicato in una scheda laminata inglobata nel pannello fotovoltaico, in modo che l’unico modo per rimuoverla sarebbe quello di distruggere il modulo, rendendolo inutilizzabile.
Per rubare il pannello integro, quindi, è necessario portarsi via anche l’antifurto. A quel punto, un’eventuale nuova installazione sarà subito captata da PV-Guardian, che è in grado di rilevare se le coordinate geografiche sono diverse da quelle dell’installazione originaria, protetta da codici PIN e PUK della scheda SIM integrata.
Se lo spostamento non è autorizzato, il modulo smette completamente di funzionare. Il pannello sarà di fatto inservibile, finché non verrà ricollocato nel sito dell’installazione originaria, o riprogrammato nella nuova posizione, con nuovi codici.
Il prezzo stimato da Enea è molto interessante: il costo aggiuntivo della microscheda anti furto sarebbe tra i 30 e i 40 euro. Molto meno rispetto a un’assicurazione alternativa, con la serenità di una protezione e di una garanzia in più.
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