L’era dei moduli ad alta efficienza
Solo nell’ultimo anno, le case produttrici hanno investito su moduli sempre più performanti, e il motivo è semplice: garantire la possibilità di ottimizzare l’efficienza di un impianto nuovo o esistente, per accelerare il ritorno di investimento.
I moduli ad alta efficienza sono così entrati a far parte degli impianti residenziali, ma anche aziendali. Proprio l’incremento degli impianti non residenziali è la vera novità, ed è dovuta al costo inferiore dei moduli rispetto al passato e a una maggiore semplicità di installazione. Il modulo ad alta efficienza, rispetto ai pannelli policristallini, può contare su meno componenti a parità di potenza, e i costi diventano sempre più convenienti man mano che ci si riferisce a impianti di grandi dimensioni.
HALF-CUT CELLS
Le celle tagliate a metà
Nelle celle tradizionali si può verificare una perdita di energia nel trasporto della corrente. Tagliando le celle solari a metà, si genera la metà dell’energia; se si riduce la corrente della singola cella, si riducono le perdite di resistenza e ciò permette di aumentare e prestazioni.
Altro vantaggio si ha per i coefficienti di temperatura. Con celle più piccole, il calore si disperde meglio e si produce più energia, con differenze ancora più apprezzabili in ambienti caldi. In presenza di sporco, inoltre, c’è minore energia dissipata.
Il costo di realizzazione è più o meno lo stesso di una cella tradizionale, ma il ritorno di investimento ne trae maggiore vantaggio. I benefici sono così evidenti che molte aziende produttrici hanno convertito in tutto o in parte le linee produttive in half-cut.
PERC
Stessa resistenza, più efficienza di conversione
“PERC” (Passivated emitter and rear cell) è un termine che si è sentito molto spesso nell’ultimo anno. Le case produttrici hanno promosso in modo massiccio questa tecnologia, annunciando prestazioni ad alta efficienza e portando a prova risultati entusiasmanti.
La tecnologia in sé non è di recente creazione, ma solo adesso gli impianti di produzione hanno le stesse caratteristiche che avevano i laboratori degli anni 80, in cui sono state messe a punto per la prima volta.
Concentrando più luce se ne riduce la dispersione, grazie al lato posteriore passivante. Le celle hanno la stessa resistenza di quelle tradizionali, ma offrono più efficienza di conversione. Alcune case produttrici hanno adottato la soluzione del contatto sul retro, senza saldature, per ridurre ancora di più le perdite di energia.
Per produrle, è necessario aumentare i passaggi di lavorazione, ma i costi dell’operazione sono subito ammortizzati dal rendimento aumentato, conservando così l’obiettivo di un pannello ad alta efficienza a costi il più possibile contenuti.
MULTI BUS-BAR
Più binari, più assorbimento
Nel modulo fotovoltaico, i bus-bar sono i binari attraversati dalla corrente. Le celle, irraggiate dal sole, rilasciano gli elettroni, che attraverso i binari raggiungeranno la scatola di giunzione sul retro del pannello e poi saranno immessi in rete.
Il numero dei binari è aumentato nel tempo da 2 o 3 a 4 o 5, ma il vero salto è molto recente, con anche 12 bus-bar. Il percorso che la corrente deve percorrere è più breve, l’assorbimento della luce migliora mentre si riducono le perdite elettriche. Anche per questa tecnologia, l’innovazione è al servizio di prestazioni che consentano di rientrare nell’investimento in tempi più brevi.
Con un aumento minimo dei bus-bar sono minime anche le variazioni al momento della produzione. Ma prevedere addirittura 12 binari significa impegnarsi a un necessario rinnovo dell’intera linea produttiva, con difficoltà delicate, come la saldatura, che viene realizzata in modo particolare. Ma ne vale la pena: l’incremento dell’efficienza di conversione si attesta verso il 2%.
MODULO CON CELLE BIFACCIALI
Più irraggiamento ed efficienza in condizioni difficili
Nei moduli tradizionali, il retro della singola cella è inattivo. Il modulo con celle bifacciali, al contrario, sfrutta entrambi i lati, arrivando a produrre fino al 25% di energia in più, grazie al maggiore irraggiamento. Proprio per il fatto di essere bifacciale, il modulo deve essere installato in un modo preciso, sollevato da terra e a una certa angolazione. Il retro del modulo non è irraggiato direttamente, ma è illuminato di luce riflessa. La produzione aggiuntiva compensa la perdita dovuta alla maggiore inclinazione, facendo raggiungere al modulo una maggiore efficienza rispetto a quelli tradizionali.
Tecnologia ancora di nicchia
La diffusione dei bifacciali non è ancora quella sperata, specialmente in Italia (che pure può vantarne la produzione) Il motivo è proprio il vincolo dell’angolazione (45° circa), ma si tratta di un dettaglio che porta a un vantaggio non da poco: l’inclinazione fa scivolare sabbia e polvere, che rappresentano un problema molto sentito in ambienti aridi. Ciò si unisce al fatto che il doppio vetro è utile per resistere all’usura e alle aggressioni esterne anche in condizioni climatiche molto difficili (sempre zone molto calde, desertiche ma anche umide e tropicali) e con produzione di energia elettrica più stabile.
Se è vero che c’è ancora titubanza, è anche interessante vedere come le soluzioni sul mercato aumentino, in relazione a stime ottimistiche, che vedono nel bifacciale il futuro del fotovoltaico. Un dato su tutti: l’investimento di Enel (80 milioni di euro) per convertire la linea di assemblaggio della fabbrica fotovoltaica catanese 3SUN in produzione di moduli solari bifacciali dal 2019.
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